domenica 4 ottobre 2015



Astratta
di Benedetta Marangoni
Testimone/complice dell'assenza dell'artista

Tre opere in un piccolo spazio schermato da un vetro. Avvicinandosi, attraverso il riflesso del proprio corpo, si annullano gli altri riflessi e si vedono le opere. In quel momento si è proiettati all'interno. Al di là un piccolo flauto trasparente è suono evocato, una vibrazione attraverso un corpo diafano di luce riflessa. Poi si vede un incarnato trasfigurato da una luce che lo ha sovraimpresso. A terra un corpo al limite del suo sembrare, traslato da una luce diretta.

Astratta (da ab-trahere) come distacco, separazione perchè in questo momento si è sentita la necessità di rendere esperibile l'opera da una distanza che corrisponde ad un'interiorità.

Questo manifestarsi delle opere lascia allo sguardo la possibilità di attraversarle.

Astratta perchè astrazione è un'identificazione in un'immagine che è altro da sé.

ASTRATTA

di Benedetta Marangoni
4 ottobre 2015
Perugia

 s. t., 1998
 s. t., 2012
 s. t., 2013

STATEMENT (FOTO)




martedì 22 settembre 2015

Testo di Nicola Monetti su EX ANTE, la serie di mostre presentate da "Casa degli Artisti Milano" nella Villa Venier Contarini di Mira (VE)

Quando si entra in una villa veneta si hanno delle aspettative in base a quello che si conosce di queste abitazioni. Ci si immagina di vedere delle belle stanze, delle forme architettoniche pregevoli, le barchesse, gli affreschi, un giardino o un parco nel quale i patrizi veneziano si godevano il tempo dell'ozio estivo, lontani dalla laguna.
Tutto questo descrive perfettamente un prototipo di villa veneta, che riporta il visitatore ad un tempo passato, facendogli gustare la cultura della Serenissima.
Ma a villa Venier-Contarini, si è creato un cortocircuito artistico tra il passato e il presente. Nell'oratorio settecentesco l'arte contemporanea ha trovato un suo luogo espositivo d'eccezione, che la porta a relazionare al passato in maniera delicata ma incisiva.
Lo spazio sacro dell'oratorio acquisisce un valore ulteriore: non è più solamente una testimonianza del passato, di ciò che la famiglia Venier-Contarini ha costruito, ma diventa un luogo vivo per ciò che sta succedendo "qui ed ora" nel panorama artistico; una funzione nuova per uno spazio antico.
Questo argomento è centrale per i membri della "Casa degli Artisti" di Milano, che hanno esposto le loro opere nell'ex chiesetta della villa. Si possono prendere a modello due opere: Display di Claudio Citterio (opera del 2011, ripresentata qui in Mira) e Il sogno della ragione di Diego Morandini (opera del 2014, esposta in Stratigrafia).
La prima opera è una striscia di materiale plastico che percorre la navata centrale a un'altezza di un paio di metri, dividendo lo spazio tra il visitatore e il soffitto dell'oratorio. Si viene a creare uno schermo che filtra la luce delle vetrate che ricrea aloni di colore magenta sull'opera. La luce non è più solamente illuminazione, ma parte integrante del lavoro dell'artista; essa passa da una funzione passiva a una attiva. Display lavora su due piani spaziali: l'orizzontale dovuto all' occupazione fisica del materiale che va dall'antica porta d'ingresso all'altare, ma anche quello verticale, poichè l'opera coinvolge l'illuminazione naturale che entra dalle finestre del soffitto, la filtra per poi restituirla allo spettatore.
Il sogno della ragione di Morandini opera sulle stesse coordinate spaziali: anche quest'opera segue longitudinalmente lo sviluppo della piccola navata, ma allo stesso tempo occupa fisicamente lo spazio verticale poichè è costituita da quattro teli in tessuto semitrasparente appesi a due metri d'altezza e dipinti ad olio, che dal titolo riprendono la celebre acquaforte di Goya.
La collocazione di questi lavori nell'oratorio diventa particolarmente significativa. La chiesa è lo spazio nel quale si manifesta il divino, la presenza di Dio, e in questo contesto i piani di lavoro delle opere possono quindi comunicare un concetto ulteriore. Il piano umano, l'orizzontalità, la parte terrena dell'uomo è contrapposta alla ricerca della verticalità, la parte che si volge al soprannaturale, al divino. Questa tendenza alla ricerca spirituale si ritrova in altre opere esposte. Variazione sulle ali di Nicole Bacchiega (opera del 2014 esposta in Stratigrafia) è una silouhette di ali sovrapposte e dorate collocate sull'abside dietro all'altare, a tre metri da terra. Le ali richiamano immediatamente gli angeli, emanazione del divino, ma al contempo il colore dorato dell'opera riporta alla mente i catini absidali delle chiese bizantine, che avevano proprio nell'abside il punto centrale dove si raffigurava il Cristo. Un richiamo storico vago, che però si associa all'opera di Morandini esposta anch'essa nell'abside, in Ex Ante: è un'ombra nella quale si distinguono le fattezze di un viso, che - come dice lo stesso artista - potrebbe essere il "pancreatore". L'oratorio ritorna alla funzione che negli anni gli è stata espropriata: è il luogo dove si ha la possibilitià di mettere in contatto il visitatore con Dio, di iniziare una ricerca spirituale.
Se queste opere possono essere considerate solamente indizi che delineano una tendenza spirituale, il riferimendo esplicito alla Fede è presente in due lavori di Morandini, da considerare due facce della stessa medaglia. Esodo (opera orale del 2012 presente in Stratigrafia) e la Bibbia (opera esposta in Ex Ante) alla quale l'artista ha corretto una sola parola. Entrambe riflettono su un versetto dell'Esodo (capitolo 20, versetto 4) considerato la prescrizione dell'iconoclastia, che nella versione di Morandini diventa un inno alla libertà dell'artista, un modo per affiancarsi a Dio nell'attività che egli ha compiuto prima di tutte: il creare.
Il tema del creare si riflette in altre opere: Domenico Laterza ha messo una pila di monete posizionate instabilmente sul vuoto di un'acquasantiera all'entrata dell'oratorio, quasi come fosse una piccola torre di Babele che l'artista offre prima di entrare. Non è una sfida a Dio, per evidenziare la superbia dell'uomo, ma un'offerta che egli gli fa. Altre accumulazioni si ritrovano nelle due piccole navate laterali, sempre di Laterza, che si possono interpretare ancora come creazioni libere di monumenti destinati a decorare l'ambiente dello spazio sacro, anche se composti da materiale di consumo quali i volantini pubblicitari. Il lavoro manuale è il punto centrale dell'opera di Gianluca Zonca, cioè una riproduzione in vetro del più antico strumento che l'uomo abbia mai creato, collocata in una nicchia accanto all'altare durante la mostra Ex Ante. L'uomo tramite lo strumento crea melodie e musica, che sono elementi immateriali che fanno da contraltare all'offerta in denaro dell'opera precedente.
La proposta della "Casa degli artisti" di Milano ha tentato di inserirsi nell'ambiente dell'oratorio in maniera ponderata, senza alterare l'equilibrio del luogo, ma lavorando sulla sua funzione e sul suo significato pre-esistente. In questo modo le opere esposte si sono integrate perfettamente, trovando un equilibrio stabile, che porta lo spettatore ad andare in profondità rispetto a ciò che vede, toccando anche la parte più profonda e spirituale di ognuno. La sensazione di stupore che nasce quando si trova di fronte opere contemporanee in un contesto settecentesco viene mitigata dall'integrazione che lo spazio artistico crea, senza toni dissonanti tra passato e presente. Non è un risultato semplice da raggiungere, anche perchè spesso la relazione tra opera e ambiente è difficile da semplificare e da rendere chiara a chi poi la fruisce. Si nota quindi un punto di vista personale e originale dell'arte legato all'ambiente in cui viene esposta, forse complesso da decifrare, ma sicuramente non banale, anche perchè "se il mondo fosse chiaro, l'arte non esisterebbe" (Albert Camus).

domenica 20 settembre 2015



EX ANTE - Conferenza Villa Venier Contarini, Mira (VE)

Saluto del Direttore Carlo Canato e gli interventi di Benedetta Marangoni, Claudio Citterio, Diego Morandini, Gianluca Zonca e Nicola Monetti

venerdì 18 settembre 2015


Sabato 19 settembre si terrà nella Barchessa Ovest di Villa Venier Contarini di Mira l'incontro-conferenza che chiuderà il ciclo di mostre svoltasi nell'oratorio della villa, curato da Benedetta Marangoni e realizzato da Casa degli Artisti di Milano, che ha avuto inizio con la mostra Stratigrafia (2 maggio), è proseguito con la mostra Mira (6 giugno) e si è concluso con Ex Ante (4 luglio).

L'evento inizierà alle ore 15 con interventi di Benedetta Marangoni, Claudio Citterio, Diego Morandini, Gianluca Zonca e Nicola Monetti, saranno proiettate le immagini delle mostre precedenti e sarà ancora visitabile l'ultima mostra.

Istituto Regionale Ville Venete
















domenica 2 agosto 2015

mercoledì 15 luglio 2015

lunedì 6 luglio 2015

 
EX ANTE





















 



EX ANTE / vademecum
 

Una pila di monete crea un obolo instabile sul vuoto di un’acquasantiera. Un cumulo di adagiata stratificazione si eleva sulle navate laterali (opere di Domenico Laterza).
Su un quadrato nero  appare un alone chiaro che in un tempo dilatato si espande su tutta la superficie per poi, allo stesso modo, contrarsi e sparire. Quest’opera di Gianluca Zonca è come un respiro la cui percezione non può che essere potenziale e si inquadra sulla lapide al centro dell’oratorio.
Le opere di Diego Morandini coinvolgono l’altare, ai piedi del quale si trova un’opera in bronzo, forse le spoglie di un santo?...
Al di là delle statue preesistenti un’altra opera appare come un volto; un’ombra ieratica, forse il pancreatore?...
Sull’altare una Bibbia aperta reca una correzione che ribalta la prescrizione sull’iconoclastia in una proposizione a difesa dell’immagine.

L’opera di Claudio Citterio si inclina dalla finestra in alto sul portale e diventa l’idealizzazione di una vetrata. È come un battito di palpebre: l’umidificarsi dello sguardo per averlo di volta in volta più nitido.

Nella nicchia accanto all’altare l’opera di Gianluca Zonca  non solo potenzialmente evoca il più antico strumento musicale conosciuto.

Dietro l’altare, sopra un passaggio, appare come in una teca la trasfigurazione di un corpo di Claudio Citterio.

Gli effimeri di Luciano Fabro con le loro leggere inclinazioni esplicitano la potenzialità transeunte della mostra.




sabato 4 luglio 2015

martedì 23 giugno 2015

sabato 6 giugno 2015


EX ANTE: MIRA



















EX ANTE : MIRA / vademecum


Entrando nell’oratorio dalla navata sinistra, sulla parete in fondo, si vede l’opera Corolle di Claudio Citterio del 2001: una diapositiva ottenuta da una ripresa molto ravvicinata di fiori. I colori si diffondono oltre i limiti del fotogramma, sfocati da un filtro sul proiettore, come quando si mette a fuoco un pensiero che per diffrazione mette in moto un’area più ampia o, all’inverso, come se un’idea nitida fosse la messa a fuoco di un’area più ampia che trattiene l’immagine ma che la diffonde.

Avvicinandosi a Corolle si trova Diapason (C. Citterio, 2012) che si collega con il suo secondo elemento alla navata opposta, come se una stessa immagine avesse una sua evidenza esteriore e una sua eco interiore. In Diapason la stessa immagine è distanziata spazialmente ma legata nel profondo: paradigma delle nostre facoltà.

Una striscia attraversa la navata centrale (C. Citterio, Display, 2011). Percorrendola visivamente ci si accorge che in alcuni punti la luce delle lunette in alto acquista un colore magenta. Si è sorpresi, meravigliati di quella meraviglia che ci svela il mondo oltre la perentorietà della sua apparenza immediata. Così riflettiamo che i colori sono un alone variabile rispetto alle cose.

Nella navata destra a terra si trova Secondo le mie indicazioni di Domenico Laterza del 2015.  Scrive l’artista: “ho cominciato ad imprimere il mio dito indice in un foglio d’alluminio, ripetutamente, fino a ricoprire tutta la superficie della lamina staccata dal rotolo. Infine ho chiuso il materiale su sé stesso seguendone l’andamento. Ho ottenuto delle forme organiche che variano di dimensione e si appropriano dello spazio riportando la memoria di quell’unico gesto generatore.  


Benedetta Marangoni

sabato 2 maggio 2015



EX ANTE: STRATIGRAFIA



















EX ANTE : STRATIGRAFIA / vademecum


Si accede nell’oratorio dal fondo della navata sinistra. Percorrendola si incontra  l’opera Sentinelle di Gianluca Zonca del 2015. Entrandovi involontariamente in contatto si sente una carezza, un solletico, un soffio sul proprio volto che allerta e concretizza la propria presenza in relazione con l’opera.

La navata centrale è attraversata dall’opera Il sogno della ragione di Diego Morandini realizzata nel 2014. Si tratta di quattro teli di tessuto semitrasparente dipinti ad olio. Il titolo dell’opera parafrasa la celebre incisione di Goya. È un’immagine già immediatamente persistente nella visione-memoria.

Dietro l’altare, nella lunetta in alto, si vede Variazione sulle ali di Nicole Bacchiega del 2014. È l’immagine di due ali sovrapposte. La sua luminosità attira lo sguardo come se fosse il frammento di un impreziosimento che ricopriva l’abside.

Sul lato opposto di questa navata, sopra una piccola acquasantiera,  si incontra Qui e ora di Gianluca Zonca del 2014. A un primo sguardo appare un disco nero dal quale proviene un ticchettio, ma appoggiandoci sopra la mano l’impronta che si lascia scopre le lancette e il loro movimento per un lasso di tempo che è determinato dal calore corporeo trasmesso durante il contatto.

Sempre nella navata centrale a terra, sul lato sinistro del portone, si trova un’opera di Diego Morandini del 2012. Quest’opera non ha un nome si tratta di un pezzo di pietra su cui sono incisi, in modo un po’ brutale, alcuni segni riempiti di terra per evidenziarli. Sono al limite tra l’essere disegni, scrittura, simboli. Questo limite tende a mettere in scacco le possibili interpretazioni.

All’inizio della navata destra si trova Senza titolo di Nicole Bacchiega, lavoro del 2012. È il calco di due piedi capovolti che si integra con il pavimento. Appare come un disegno tridimensionale che evoca una presenza.

Nella stessa navata appoggiata ad una colonna troviamo Melanconia di Diego Morandini, un’opera di granito del 2006. Scrive l’artista: “ogni stato d’animo corrisponde ad uno stato del pensiero, la melanconia come quello stato d’animo che corrisponde alla sospensione del pensiero.

Avvicinandosi a Melanconia si sente Esodo di Diego Morandini del 2012. Un’opera orale giocata sul versetto dell’Esodo considerato la prescrizione dell’iconoclastia, ma essendo tradotto usando i termini “idolo” e “rappresentazione”  il suo senso si ribalta e diventa la prescrizione a difesa dell’immagine e della forma. Il tutto giocato attraverso un’oralità intima.


Benedetta Marangoni


martedì 28 aprile 2015

mercoledì 22 aprile 2015

venerdì 17 aprile 2015